Indagini strumentali per la VRB: chi deve farle e chi non dovrebbe?

Le indagini strumentali per la VRB (valutazione rischio bellico) sono estremamente utili, ma è importante capire a chi affidarsi. Quali sono le imprese che dovrebbero farle? Quali caratteristiche devono avere questi soggetti per eseguire le indagini geofisiche di VRB?
Ma, soprattutto, chi non dovrebbe farle?
In questo video andiamo ad analizzare tutti questi punti.



Testo del video

Nello scorso video (link video Indagini strumentali per la VRB: cosa sono e cosa è importante sapere) abbiamo spiegato cosa sono le indagini strumentali a supporto della VRB ovvero quelle indagini geofisiche pensate per non fermarsi alla sola analisi storico-documentale ma per contestualizzare il rischio con un indagini più specifiche, con indagini svolte sul campo e pensate per contestualizzare il rischio proprio sulla nostra area di interesse. Ora ci si può chiedere, se volessi fare questo genere di indagini a chi mi dovrei rivolgere?

La domanda potrebbe sembrare un po’ banale, ma come spesso accade nelle costruzioni o quando si ha a che fare con normativa italiana, ahimè, le cose sono sempre un po’ più complicate del previsto.

Questo video segue, concettualmente, il video già pubblicato sulle indagini strumentali a supporto della VRB (link video Indagini strumentali per la VRB: cosa sono e cosa è importante sapere). Per chi fosse a digiuno della materia e non lo avesse ancora fatto, consiglio di guardarlo prima di passare a questo video.

Per chi invece l’avesse già visto, passiamo subito alla domanda del giorno.

Se voglio eseguire un’indagine strumentale, a quale impresa devo rivolgermi? Ad un’impresa di bonifica bellica? Ad un’impresa di geofisica? Ad una società esperta nel coordinamento sicurezza?

Questo è uno dei dilemmi più gettonati in questo settore e sfortunatamente è uno degli aspetti più controversi.

Per quanto ci riguarda, come CTS, noi partiamo dalla normativa di settore, che è l’unico punto oggettivo dal quale fare qualsiasi ragionamento. Riteniamo che tutti gli altri approcci siano semplici elucubrazioni e opinioni personali.

Partendo dalla normativa l’interpretazione che otteniamo è alquanto chiara e supportata anche dal buon senso e dall’esperienza. Gli unici riferimenti espliciti alle indagini strumentali si trovano nelle linee guida del CNI e nei comunicati del Ministero della Difesa, specialmente nel Comunicato del Ministero della Difesa datato maggio 2016.

Nelle linee guida del CNI, come visto nel precedente video, si descrive l’iter di VRB esplicitando che la VRB, testuali parole, “passa attraverso alcune fasi obbligate, che mirano alla raccolta di tutte le informazioni disponibili sul sito oggetto di intervento … e si articola in ANALISI STORICA E DOCUMENTALE ed eventualmente ANALISI STRUMENTALE”.

Nel maggio del 2016 il Ministero della Difesa, ovvero l’ente preposto a supervisionare e vigilare sulle imprese di bonifica bellica, ha rilasciato un comunicato che mette in chiaro un limite, da tenere bene a mente.

Cito testualmente: “si ritiene necessario precisare che il contributo fornito dalle sopra citate imprese non può che limitarsi ad un’analisi storica della zona di interesse al fine di determinare se la stessa sia stata coinvolta da eventi bellici ovvero se nel suo ambito vi siano stati precedenti rinvenimenti di ordigni, prevedendo eventualmente un’indagine magnetometrica superficiale.

In quest’ultimo caso, si evidenzia che tale indagine potrà esclusivamente indicare le aree ed il livello di interferenza ferromagnetica presenti, che eventualmente messe in sistema con l’analisi storica, potranno indirizzare la valutazione finale del CSP in merito all’opportunità di procedere alla bonifica bellica sistematica.”

Il Ministero della Difesa definisce quindi il ruolo delle imprese di bonifica bellica, che, oltre alle attività di vera e propria bonifica, possono contribuire, se richiesto dalla Committenza, SOLO con un eventuale analisi storica della zona di interesse e SOLO con un eventuale misura superficiale del livello di interferenza magnetica del terreno. Ovvero capire se il terreno nel primo metro presenti segnali metallici particolari o, magari, una diffusa presenza di materiale ferromagnetico. Potreste chiedervi, per quale motivo ho parlato di segnali metallici nel primo metro di terreno. Questo limite non è casuale.

Nella Direttiva tecnica GEN-BST 001, ovvero il manuale ufficiale di bonifica bellica, viene definita la profondità massima di rilievo di una interferenza ferromagnetica da parte degli strumenti di bonifica bellica, ovvero “all’interno di uno strato di profondità massima di cm. 100 o a profondità inferiore, in relazione all’accertata capacità di indagine dell’apparato di ricerca utilizzato”.

Tutto questo cosa vuol dire? Vuol dire che l’ente di riferimento ha obbligato i bonificatori bellici ad eseguire, oltre alla attività vera e propria di bonifica bellica, esclusivamente un’analisi storica (o nota anche come analisi storiografica) e un’eventuale fotografia del primo metro di terreno.

Ma questo non è sufficiente e non risponde ai requisiti necessari per un’indagine ai fini VRB, che deve poter dare risultati anche a profondità superiori ad 1 metro, fino a 7, 8 anche 10 metri di profondità. L’obiettivo delle indagini strumentali a supporto della VRB è infatti quello di arrivare alle profondità massime di progetto o fermarsi a 7 metri dal piano campagna originario, poiché da letteratura di settore e da esperienza sul campo risulta realistico trovare ordigni bellici fino a 7 metri dal piano campagna originario.

Tranne rari casi, in cui per esempio il progetto sia limitato al primo metro di sottosuolo, negli altri casi le indagini svolte dai bonificatori bellici con il magnetometro in loro possesso risulterebbero, di fatto, non esaustive e i bonificatori non potrebbero, per indicazione ufficiale, svolgere direttamente altre tipologie di rilievo.

Fatta questa premessa basata sulla normativa, ci si deve quindi porre la seguente domanda.

Chi deve eseguire le indagini strumentali?

Come CTS riteniamo che i soggetti più accreditati e competenti siano solo imprese specializzate in indagini geofisiche, ancora meglio se raggruppamenti tra società di geofisica e società di ingegneria, esperte in coordinamento sicurezza. Questo perché le imprese a cui affidiamo queste indagini devono avere a disposizione, oltre all’adeguata strumentazione, hardware e software, anche un team di geofisici per l’esecuzione in campo delle indagini strumentali, per l’elaborazione dei dati, il loro filtraggio selettivo, la georeferenziazione, l’analisi ed interpretazione geofisica dei dati ai fini della valutazione del rischio bellico, oltre alla produzione di elaborati grafici e descrittivi.

Oltre alla strumentazione adeguata, come detto in un video precedente, i tecnici devono avere anche esperienza e sensibilità nell’elaborazione e lettura dei dati geofisici e, sfortunatamente, non sono tantissimi i tecnici che sanno interpretare i dati di strumentazioni sofisticate come un georadar o una tomografia elettrica.

I risultati geofisici dovrebbero poi essere analizzati da un coordinatore della sicurezza, che sovrappone i risultati al progetto e ai dati storici dell’area, per capire se vi siano punti di conflitto e se le eventuali anomalie rilevate, ovvero le masse metalliche singolari compatibili con un ordigno bellico, vanno ad interferire con il progetto e in che modo. Il tecnico deve capire quali ripercussioni potrebbero questi risultati avere sul progetto, deve mettere sul tavolo le possibili integrazioni o soluzioni, tarandole in funzione della tipologia di progetto, in funzione del cronoprogramma e in funzione delle peculiarità del luogo e del sottosuolo.

Al termine di tutto il processo si giunge ad una relazione tecnica che descrive quali strumentazioni sono state impiegate, quali dati sono stati ottenuti, quali tolleranze o peculiarità contraddistinguono i dati, quali sono le interpretazioni geofisiche, cosa c’è nel sottosuolo. Oltre alla relazione tecnica vengono forniti anche  elaborati grafici georeferenziati. Importantissimo: bisogna ottenere sempre dei dati georeferenziati, diffidate da chiunque non vi fornisca dati georeferenziati, perché è l’unico modo per poter avere una corrispondenza certa tra realtà (la nostra area fisica) e il dato virtuale. La georeferenziazione consente di avere garanzia che anche in futuro, in modo autonomo, si possa sempre individuare con certezza i punti di critici o di interesse.

E, per favore, chiediamo una georeferenziazione secondo sistemi di riferimento universali come UTM: lo prescrive anche l’Istituto Nazionale Cartografico. Piantiamo di utilizzare sistemi di riferimento locali come Mercanti o Gauss-Boaga.

Chiusa questa piccola precisazione, la relazione tecnica che otteniamo deve contenere tassativamente un capitolo finale nel quale si traggono le conclusioni di VRB a firma di un coordinatore della sicurezza con esperienza nel settore, per rispettare i requisiti imposti da normativa e per dare valore tecnico alla relazione.

Come detto in precedenza, il coordinatore della sicurezza che firma la relazione deve fare da ponte tra la parte geofisica e la parte di ingegneria, capendo, con la sua esperienza, le conseguenze sul progetto e mettendo sul tavolo possibili integrazioni o soluzioni che la normativa e l’ingegneria mettono a disposizione. Questo è un passaggio molto delicato, che trasforma la semplice indagine geofisica (c’è qualcosa, non c’è qualcosa) in uno strumento realmente utile e spendibile per i progettisti.

In questo ultimo capitolo della relazione si devono, quindi, riassumere i risultati geofisici, legandoli ai dati storico-documentali, e si deve giungere ad una valutazione del rischio concreta, ovvero rischio accettabile, non accettabile oppure rischio basso o rischio alto o altra scala di gradazione che si voglia (sul tema della scala dei livelli di rischio bellico magari faremo un video dedicato).

Ma deve comunque esserci questo giudizio alla fine della relazione, altrimenti non ha significato, non ha valore di VRB e non può supportare concretamente e adeguatamente le decisioni dei progettisti. E qualsiasi relazione tecnica deve essere firmata per darne una paternità e una responsabilità professionale.

Possiamo porci quindi anche la seguente domanda.

Chi non dovrebbe eseguire queste indagini?

Riteniamo che le indagini per VRB non dovrebbero essere eseguite dalle imprese iscritte all’albo dei bonificatori bellici, perché queste sono specializzate ed autorizzate a fare la bonifica bellica, mentre la valutazione del rischio è una competenza diversa, ad appannaggio esclusivo dei coordinatori della sicurezza.

Le imprese di bonifica bellica non dovrebbero fare queste indagini, non perché non possano trovare dei tecnici qualificati o della strumentazione idonea, ma perché, oltre ad avere delle limitazioni dettate direttamente dal Ministero della Difesa, hanno competenze e specializzazioni differenti, pensate giustamente per l’ambito della bonifica, e quindi alquanto differenti dall’approccio tecnico-scientifico necessario nelle indagini strumentali a supporto della VRB.

Se le imprese di bonifica bellica facessero anche le indagini strumentali si aprirebbe anche una questione etica e deontologica.

Se ad eseguire l’analisi strumentale fosse un’impresa di bonifica bellica, ovvero una di quelle imprese iscritte all’albo del ministero della difesa, significherebbe che l’impresa di bonifica compierebbe o comunque guiderebbe la valutazione del rischio bellico… per decidere se chiamare un’impresa di bonifica, ovvero se stessa, a risolvere una situazione, che lei stessa ha valutato.

Perché ricordo che la bonifica bellica si attiva se il rischio bellico residuo è ritenuto non accettabile.

Si configgerebbe quindi un conflitto di interesse non banale e neanche molto nascosto: si affiderebbe la responsabilità decisionale, o comunque una forte influenza, a un soggetto che ha interessi diretti in contrasto con l’imparzialità richiesta per fare questa valutazione.

Per farla molto semplice, sarebbe un po’ come chiedere all’oste se è buono il suo vino.

Questo ragionamento vale per tutte le committenze ma dovrebbe essere tenuto a mente ancor di più dalle committenze pubbliche, quelle cioè soggette al Codice degli Appalti e ai vari codici etici locali o di settore.

Come già detto, con questo non si vuole mettere in dubbio la competenza e l’alta professionalità dei bonificatori bellici, ma, per garantire un risultato corretto e realmente spendibile in termini progettuali, bisogna individuare per ogni prestazione il giusto soggetto.

Occorre evitare di sovrapporre i due piani, quello della valutazione del rischio bellico e quello della bonifica bellica, per non mescolare l’attività di valutazione della possibile presenza di un ordigno con l’effettiva ricerca in campo tramite scavi o trivellazioni.


Link citati

Testo Unico Sicurezza D.Lgs. 81/2008: https://www.ispettorato.gov.it/documenti-e-normativa/normativa-di-interesse/salute-e-sicurezza-nei-luoghi-di-lavoro/

Linee guida CNI: https://www.cni.it/images/temi/sicurezza/01Linee_Guida_BOB_CNI_rev._2018.pdf

Interpello n.14/2015: http://www.cni-online.it/Attach/DV12061.pdf

Comunicato Ministero della Difesa 2016: https://www.difesa.it/assets/allegati/31630/comunicato_ind_preliminari_03052016.pdf

Direttiva GEN BST-001 (marzo 2024): https://www.difesa.it/assets/allegati/31529/genbst001_ed_2024.2024.04.02.14.02.46.041.pdf


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